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Pasqua 2017: sfuggiamo al regno dell’odio

Una delle caratteristiche della Pasqua è il perdono. La novità della risurrezione consiste nella presa di coscienza che Gesù, ancora oggi, ci solleva dalle nostre pene e dalle nostre sofferenze. Non si è mai assentato dalla nostra società e dalla nostra storia recente, anche quando lo spettro della morte dava l'impressione di regnare. La proclamazione della risurrezione di Gesù implica un ripartire, una ricostruzione

Ciò che abbiamo vissuto in Centrafrica ha lasciato delle cicatrici. Per i nemici della pace, queste cicatrici sono segni di vittoria. Sì, ma si tratta soltanto di una vittoria apparente; poiché nello stesso modo in cui Dio è intervenuto nella vita di Gesù Crocifisso salvandolo dalla morte, a Pasqua è Egli stesso che agisce sulle nostre vite per risuscitarci con le nostre cicatrici, per confondere i nostri avversari.

Di conseguenza, le nostre cicatrici, le nostre sofferenze, le nostre ferite ritrovano una dimensione salvifica nel rinnovamento operato da Dio.

Dopo il sepolcro, le donne corsero in fretta per portare la notizia ai suoi discepoli. Già sul Monte degli Ulivi, Gesù aveva annunciato ai suoi discepoli che, dopo la sua risurrezione, li avrebbe preceduti in Galilea (Mt 26, 32). Questa è ormai una realtà. Per i discepoli, questo appuntamento ha un’importanza decisiva. Quando si diedero alla fuga durante il suo arresto, in un certo senso, avevano spezzato la comunione con Lui; si erano separati da Lui. Ma ecco che il Risorto concede loro il perdono e la riconciliazione. Li invita e li precede in Galilea. Il Risorto non chiama nuovi discepoli dopo il tradimento dei primi che ha scelto. Rinnova la sua fiducia in loro, li perdona e li chiama fratelli: “Presto, andate a dire ai suoi discepoli: è risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete” (Mt 28, 7).

La risurrezione non significa rimanere nello status quo né ritornare sui propri passi. Cristo ci rimette in piedi e ci ordina di raggiungere un luogo. Ci mette in marcia.

Sulla montagna dell’appuntamento testimonia la sua signoria sul mondo intero e ci invia in missione: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni […] insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato”. Soprattutto, ci rassicura sulla sua presenza, sulla sua vicinanza: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dei tempi” (Mt 28, 19-20).

Come potete capire, la resurrezione comporta una missione che consiste nel vivere secondo quello sguardo differente che il destino del Figlio dell’uomo ci fa rivolgere al mondo. Partendo da lì, abbiamo il compito di proiettare uno sguardo nuovo sui luoghi antichi: le cose antiche, in quanto illuminate da Gesù, possiamo superarle, attraversarle. L’odio e la violenza, per esempio, poiché in Gesù ho imparato a sconfiggerli, posso superarli.

Sfuggiamo al regno dell’odio per sottometterci da adesso in poi, liberamente, al regime dell’amore.

Una delle caratteristiche della Pasqua è il perdono. La novità della risurrezione consiste nella presa di coscienza che Gesù, ancora oggi, ci solleva dalle nostre pene e dalle nostre sofferenze. Non si è mai assentato dalla nostra società e dalla nostra storia recente, anche quando lo spettro della morte dava l’impressione di regnare.

La proclamazione della risurrezione di Gesù implica un ripartire, una ricostruzione.

Accettiamo di lasciare che Cristo ricostruisca il nostro essere, la nostra coscienza. Ci impegniamo a ricostruire l’amicizia, la fratellanza sul fondamento del cuore e dello spirito nuovo che Gesù ci dà. Sì, accettiamo di ripartire, di riprendere il cammino per la Galilea, dove ci dà appuntamento.
La morte di Gesù sulla croce sembrava aver distrutto la sua persona e la sua opera. La risurrezione interviene, dunque, come l’evento decisivo e la rivelazione definitiva. Essa mostra che Dio Padre è accanto a Gesù, e conferma in primo luogo tutta l’opera di suo Figlio. Mostra che Gesù è il Figlio di Dio e che dobbiamo avere fiducia in Lui, nelle sue parole e nelle sue azioni. Mostra che Gesù è il vincitore della morte. Mostra che non sono gli uomini con la loro volontà di distruzione che hanno l’ultima parola. Dio nel suo amore e nella sua potenza è superiore alla morte.

(*) cardinale, arcivescovo di Bangui (Repubblica Centrafricana)

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