“Così il cinema ci aiuta” “ad abitare insieme” “la frontiera esistenziale”

Don Ivan Maffeis, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo, illustra l'edizione 2014, dal titolo "Frontiere. Cercando un'immagine tra due mondi": "L'intento con cui proponiamo queste opere è quello di chi non s'arrende a considerare la frontiera una barriera insormontabile: nel presentarle vorremmo interpellare lo spettatore, perlomeno offrendogli un'occasione di riflessione"

Frontiere chiuse, come quelle imposte dalla dittatura; frontiere violente, che abbrutiscono nell’ignoranza e che calpestano minoranze religiose e affetti. E ancora: frontiere smarrite negli ingranaggi della burocrazia o del potere giudiziario… Sono tante le immagini per descrivere non solo un luogo, ma anche una condizione esistenziale e culturale: la frontiera. Rispondendo attivamente alle sollecitazioni di Papa Francesco, la Fondazione Ente dello Spettacolo (EdS) – in collaborazione con i Pontifici Consigli della cultura e delle comunicazioni sociali, con il Progetto Culturale della Conferenza episcopale italiana e con il sostegno del MiBACT – ha deciso di dedicare l’edizione 2014 del "Tertio Millennio Film Fest" (9-14 dicembre, Cinema Trevi di Roma) al tema "Frontiere. Cercando un’immagine tra due mondi". Con un messaggio ben preciso: "Dobbiamo abitare questi luoghi". In che modo? E come il cinema può aiutare in questo? Lo abbiamo chiesto a don Ivan Maffeis, presidente della Fondazione EdS.

Perché dedicare il Festival alle frontiere? Quali sollecitazioni?
"Papa Francesco non si stanca di rivolgere alla Chiesa la sollecitazione ad ‘abitare la frontiera’. Per esperienza sappiamo che, da orizzonte aperto, essa può risolversi in confine: ci si può ammalare di autoreferenzialità, diventando una comunità che eleva barricate, invece di aprire strade; una comunità che non si lascia coinvolgere, ma prende le distanze; una comunità preoccupata di difendere, conservare e promuovere se stessa invece che abbracciare gli orizzonti della missione. Il suo contrario vive in una comunità aperta, capace di far spazio e di dare tempo, d’imparare la lingua degli altri per incontrarli davvero".

Che cosa s’intende oggi per "frontiere"? Solo una soglia da varcare, una questione geografica oppure qualcosa di più?
"Nel mondo fattosi villaggio la frontiera è essenzialmente esistenziale e culturale: abitarla significa fare ogni sforzo per inserirsi nel tessuto vitale in cui si vive e del quale si è interpreti. Si tratta, per dirla con l’immagine usata dal Censis, di uscire dalla giara in cui pretendiamo di bastare a noi stessi e di ritrovare un’appartenenza che diventa motivo per guardare avanti e per cui spendere qualcosa di ciò che siamo".

Il tema delle "frontiere" s’incrocia anche con l’attualità di questi giorni. Basta pensare alle periferie delle nostre città…
"I film di questa edizione di Tertio Millennio raccontano a loro volta di frontiere chiuse, come quelle imposte dalla dittatura; frontiere che abbruttiscono nell’ignoranza e nell’arretratezza; frontiere smarrite negli ingranaggi della burocrazia o del potere giudiziario; frontiere violente, che calpestano minoranze religiose e affetti, costringendo alla fuga. L’intento con cui proponiamo queste opere è quello di chi non s’arrende a considerare la frontiera una barriera insormontabile: nel presentarle vorremmo interpellare lo spettatore, perlomeno offrendogli un’occasione di riflessione".

Il cinema, in modo particolare, può aiutare a capire – o magari ad "abbattere" – le "frontiere"?
"Il cinema offre un contributo incredibile: apre finestre, mette in comunicazione, permette di ‘viaggiare’. È significativo che nel nostro Paese, nonostante la contrazione dei consumi coinvolga inevitabilmente anche l’industria cinematografica, il grande schermo si conferma ancora la forma d’intrattenimento preferita. E allora, ad esempio, entrare nell’Archivio segreto vaticano – come ci propone il documentario che apre la rassegna di quest’anno – significa andare al di là dei pregiudizi per comprendere il valore di una storia e di una tradizione".

Qual è il suo augurio per questa edizione del Festival? E quale messaggio vorrebbe che giungesse non solo agli appassionati di cinema?
"Un Festival è, innanzitutto, un’occasione d’incontro con autori e registi, con mondi lontani che quest’arte, che scrive per immagini, ci consegna. Far conoscere queste opere, inoltre, può favorirne la distribuzione nelle sale. Più in generale, penso che sia d’attualità anche in questo campo quello che Claudio Magris dice dello scrittore: ‘uomo di frontiera’ che ‘muovendosi lungo di essa disfa, nega e propone valori e significati, articola e disarticola il senso del mondo con un movimento senza sosta che è un continuo slittamento di frontiere’. In fondo, rimanda al cammino faticoso e fecondo di ciascuno".

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