“Il sisma mi ha spinto””a costruire””una comunità aperta”

Don Ramon Mangili, 41 anni, è parroco nella zona industriale de L'Aquila. La tendopoli ha lasciato il posto ai container bianchi, ma la vita della parrocchia fiorisce aprendosi ai bisogni. Così è nata la mensa serale e l'accoglienza di 11 rifugiati nigeriani, perseguitati nel loro Paese a causa della fede cristiana, approdati in Italia con un barcone. Così i poveri aiutano gli altri poveri

“Il sisma ci ha dato una scossa”: esordisce con una “battuta” don Ramon Mangili, 41 anni, dalla provincia di Bergamo, parroco di San Giovanni Battista, a Pile, zona industriale de L’Aquila. Un humour in un certo senso surreale, se ci si ferma a guardare l’ambiente circostante, che fissa l’immagine a quel 6 aprile 2009, una chiesa ospitata in una tensostruttura donata allora dal Comune di Roma, circondata da diversi container e dai ponteggi che ingabbiano la vecchia chiesa colpita dal terremoto. Una vocazione “adulta” forgiata anche da 10 anni di lavoro in una fabbrica di materiali plastici e messa alla prova quotidianamente dalle tante ferite lasciate ancora aperte dalla scossa di cinque anni e mezzo fa, don Ramon guida dal 2007 questa parrocchia di circa diecimila anime. Ferite, dice il sacerdote, che si chiamano “mancanza di lavoro, emigrazione, precarietà abitativa, burocrazia che rallenta gli interventi di ricostruzione, senso di abbandono”. Ma nonostante ciò “ci sforziamo di essere una comunità aperta, speranzosa e soprattutto accogliente. Così facendo siamo riusciti a tenere botta al sisma”.

Ecco la scossa positiva. “Questo evento, pur facendoci toccare con mano difficoltà e sofferenze enormi, ci ha offerto la possibilità di conoscerci, di diventare amici, di instaurare rapporti solidi anche spirituali”. Con innegabili ricadute positive per tutta la zona in cui la parrocchia insiste. Sono nate opere di solidarietà concreta che raccontano una comunità aperta a tutti. “Oggi – dice don Ramon – non ci sono più tendopoli ma la parrocchia continua ad essere un insieme di container bianchi, adibiti ad aule di catechismo, a ludoteca e mensa Caritas, un altro usato come cucina. A dare colore e suoni un parco giochi per bambini, sempre molto frequentato da giovani famiglie e dai nonni con i loro nipotini che funge come centro di aggregazione e di incontro così come la chiesa” ospitata, a sua volta, in una grande tensostruttura che si riempie per le messe soprattutto nel fine settimana ma che vede pullulare quotidianamente intorno molti giovani, catechisti e volontari. Sono 147 i bambini che frequentano il catechismo e tanti i ragazzi che vi si ritrovano per non restare a casa o vivacchiare in qualche centro commerciale della zona.

Aprirsi per don Ramon significa rispondere al “caos di bisogni”, materiali e non solo, della gente che arriva anche da lontano. “Poco meno di un anno fa, come Caritas parrocchiale, abbiamo aperto una mensa serale, un servizio che mancava nella nostra zona. Serviamo circa 30 pasti ogni giorno e vi operano 25 volontari. Prima venivano soprattutto immigrati adesso anche aquilani. La mensa – spiega il sacerdote – è anche un momento per incontrare e parlare con queste persone, conoscerle, capire i loro bisogni che spesso non si risolvono solo con un piatto caldo, con un pacco viveri, o con una piccola somma di denaro necessaria a pagare qualche bolletta, ma con l’ascolto anche silenzioso, con una presa in carico più ampia”. Ne sanno qualcosa gli 11 rifugiati nigeriani, perseguitati nel loro Paese a causa della fede cristiana che professano, giunti in parrocchia il 20 settembre scorso, dopo essere approdati in Italia con un barcone. “Dormono in un container, mangiano qui e si danno da fare con dei lavoretti per abbellire il nostro campo. Hanno messo già le lucine natalizie e creato un comodo passaggio in cemento per entrare in chiesa. Nel tempo libero studiano e frequentano dei corsi di supporto psicologico”. Anche la presenza di rifugiati in parrocchia diventa una risorsa. Così come i tanti adulti e giovani che si dividono nei vari gruppi di servizio, quello “ordine e pulito” che si occupa di tenere a posto gli spazi della parrocchia, quello della “Protezione civile parrocchiale”, della Corale, della Catechesi. Un’accoglienza che non si ferma mai e che guarda avanti con gli occhi di don Ramon: ha già lanciato un’altra sfida impegnativa alla sua comunità.

“Mattone su mattone – La speranza che non muore”: si chiama così l’iniziativa lanciata a settembre scorso che prevede una raccolta fondi per acquistare un terreno sul quale poi costruire la nuova chiesa, una canonica, spazi per l’oratorio, aule e ambienti di socialità comune. “L’obiettivo è titanico – dice con voce ferma e convinta il sacerdote – vendere almeno 350mila biglietti entro il 2015. Ogni biglietto costa 5 euro e simbolicamente rappresenta ‘un mattone’ per i nuovi spazi di aggregazione. Non si tratta solo di vendere biglietti ma di coinvolgere le persone nella concretezza di un progetto di socialità e di Chiesa che si aiuta nonostante le difficoltà del tempo presente. Un progetto che ha il sapore della speranza che nemmeno il sisma ci ha tolto”.

Altri articoli in Archivio

Archivio

Informativa sulla Privacy