Più diritti, meno polizia” “La Grande mela ” “dopo l’era Bloomberg

Il sindaco repubblicano lascia dopo 12 anni una città che, a detta di molti, è più bella e sicura. Ma anche "legata" da una miriade di regole e proibizioni e nella quale si percepiscono forme repressive e di controllo sociale contro cui si scaglia Bill De Blasio, candidato democratico italo-americano che viene dato per favorito sul repubblicano Joseph Lhota

A meno di un mese dalle elezioni, il favorito per la poltrona di sindaco di New York è l’italo-americano Bill De Blasio, democratico, che nei sondaggi appare molto avanti rispetto allo sfidante repubblicano Joseph Lhota. Ma chiunque prevalga, dovrà saper reggere il confronto con l’operato dell’attuale primo cittadino, Michael Bloomberg. Che nel complesso ha trasformato la città. Molti dicono in positivo. Stop-and-frisk. De Blasio è un democratico radicale, molto più a sinistra di Barack Obama o di Hillary Clinton. Cresciuto con una madre sindacalista di origini campane, si è fatto le ossa lavorando come difensore civico, prendendo le parti dei cittadini nei confronti dell’amministrazione comunale. Sta conducendo una campagna elettorale grintosa: punta il dito contro una New York a due velocità, dove le disuguaglianze sono visibilmente sempre più ampie. E soprattutto mette al centro della sua agenda il tema della discriminazione: intende cambiare l’efficace ma controversa pratica della polizia chiamata "Stop-and-frisk" (senza alcun mandato gli agenti possono fermare persone che ritengono sospette). Una pratica mal sopportata specialmente dagli afroamericani e da altre minoranze etniche, che vedono nei continui controlli a loro carico un tentativo deliberato di tormentarli, mentre i bianchi, dicono le organizzazioni per i diritti civili, sono raramente interessati da questi controlli. Innovazione nella continuità. L’avversario di De Blasio, Joe Lhota, 59 anni, si presenta invece nel solco della continuità con l’attuale primo cittadino. Come lui è su posizioni "liberal" su temi valoriali come ambiente e nozze gay ed è però al contempo conservatore in materia di fisco e spesa pubblica: mira a guadagnarsi i favori del ceto più benestante della città. Lhota sostiene anche di voler ridurre ulteriormente il crimine cittadino e migliorare il sistema scolastico. L’eredità di Bloomberg. A prescindere da quanto accadrà il 5 novembre prossimo, chiunque prevalga si troverà a dover amministrare una New York modellata a immagine del suo attuale sindaco, cambiata alla radice dai 12 anni dell’era Bloomberg. In sostanza ciò che gli viene contestato è di aver addomesticato troppo la città, di averla resa una scuola-modello dove però gli allievi sono oppressi da regole talvolta cervellotiche. Questa critica ha avuto forse il suo più brillante esponente nell’autore inglese-americano Christopher Hitchens che nel lontano 2004 se ne andò in giro per New York cercando polemicamente di compiere più infrazioni possibili – dal girare in bici nel parco con i piedi staccati dai pedali al dare da mangiare ai piccioni – per rispondere a una domanda: perché la città più cosmopolita degli Stati Uniti deve essere trattata come fosse un cane al guinzaglio? Bloombergville. Sono stati in molti a chiederselo nei mesi e negli anni successivi a quell’articolo. Specie perché Bloomberg ha continuato a rendere New York sempre più "Bloombergville". Per esempio oggi non è possibile fumare neppure a Times Square o a Central Park. Bloomberg ha poi ingaggiato la guerra salutista contro le bevande gasate per combattere l’obesità. Senza tornare sul già menzionato uso da parte della polizia di tattiche controverse come lo "Stop-and-frisk". Detto questo, durante i suoi tre mandati la città ha sperimentato uno spettacolare sviluppo urbanistico e una riduzione del crimine tale da rendere quella che i turisti chiamano "la Grande mela" una delle città più sicure d’America. Il che non è poco. Alla fine del 2012 gli omicidi registrati in città nei 12 mesi precedenti erano 414, il 20% in meno del 2011. Si tratta del dato più basso dal 1963, quando la polizia di New York ha cominciato a tenere il conto. Oltre la vecchia New York. In questi passi avanti c’è la mano di Bloomberg, benché non sia solamente merito suo. Il termometro del cambiamento è la leggendaria Times Square. Negli anni ’70 "era terra di spacciatori, squilibrati e prostituzione", ha spiegato recentemente in un’intervista al New York Times, Charles Ahearm, il regista del film "Wild Style" sui graffitari newyorkesi. Era la New York infestata dalla droga di cui ci raccontava Travis Bickle, il tassista di "Taxi Driver" (1976) impersonato da Robert De Niro. Lui sosteneva che ci sarebbe voluto un diluvio universale per ripulirla. Il diluvio non è arrivato, ma in compenso è arrivata la Disney. Negli anni ’90 il colosso ha comprato un grattacielo nel centro di Times Square, facendo così da apripista a tutta una serie di aziende e gruppi che di lì a poco si sono trasferiti nella zona, trasformando l’ex isolato più squallido degli Stati Uniti (come lo chiamò la rivista "Rolling Stone" nel 1982) in una piazza globale, affollata di giorno e di notte. Via via con le politiche ruvide della "tolleranza zero" di Rudy Giuliani, continuate con uno stile diverso da Bloomberg, Times Square si è rinnovata, e con lei tutta la metropoli. Adesso i newyorchesi sperano che il nuovo sindaco migliori ulteriormente la loro qualità della vita. Senza trascurare i diritti.

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