Quei tre giorni

10 agosto, 14 agosto e 7 settembre 1910

Tre giorni significativi della vita di padre Pio: a narrarli in un agile volumetto intitolato “Quei tre giorni di padre Pio – A Pietrelcina un secolo fa 1910 – 2010” (Tau editrice) è il giornalista Raffaele Iaria. Non tre giorni qualsiasi, ma tre momenti “particolari e decisivi nella vita di un santo”; giorni “straordinari come sono quelli di una ordinazione sacerdotale, di una prima messa, di una scoperta indicibile” (le stigmate, ndr), scrive nella prefazione Paolo Bustaffa, direttore dell’Agenzia SIR, che sottolinea anche la semplice e meravigliosa grandezza dei genitori di padre Pio. Il “sì per sempre a Dio” nel matrimonio di mamma Maria Giuseppa e papà Grazio, osserva Bustaffa, “ha preceduto e nutrito quello del loro figlio nel sacerdozio”. “Protagonista” della pubblicazione è anche Pietrelcina, piccolo borgo del Sannio che il 25 maggio 1887 diede i natali al Santo e dal 25 maggio di quest’anno custodisce nella chiesa dei cappuccini “Sacra Famiglia” una sua reliquia. L’unica che, staccatasi in modo naturale durante la riesumazione, è conservata in un luogo diverso da San Giovanni Rotondo.

10 agosto 1910: l’ordinazione sacerdotale. Padre Pio ha solo 23 anni, ma a causa del suo stato di salute, così cagionevole da non lasciare “presagire nulla di buono”, riceve, grazie a una dispensa, la consacrazione sacerdotale prima del compimento del 24° anno richiesto dalla legge canonica. “Domani festa di san Lorenzo è pure il giorno della mia festa – scrive il 9 agosto 1912 ricordando la sua ordinazione -… Fin da stamattina ho incominciato a gustare il paradiso… Il giorno di san Lorenzo fu il giorno in cui trovai il mio cuore più acceso di amore per Gesù”. Egli, osserva padre Gerardo De Flumeri, uno dei suoi biografi, “ha esercitato il suo ministero in tre direzioni: celebrazione della santa messa, amministrazione del sacramento della riconciliazione, direzione delle anime”. “Il frate cappuccino – scrive Iaria – considerava la vocazione come dono ricevuto”. Un giorno, ad un giornalista che gli chiese chi fosse, rispose: “Un povero frate che prega”. Una vita di sacerdote trascorsa all’ombra del tabernacolo e della croce. “Cinquant’anni di vita religiosa, cinquant’anni confitto alla croce, cinquant’anni di fuoco divoratore per te Signore, per i tuoi redenti”, scrive padre Pio il 22 gennaio 1953, 50° anniversario della sua vestizione.

14 agosto 1910: la prima messa. Quattro giorni dopo l’ordinazione sacerdotale e alla vigilia dell’Assunta, padre Pio celebra a Pietrelcina la sua prima messa nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, l’attuale santuario a lui dedicato. Il discorso di rito viene tenuto da padre Agostino di San Marco in Lamis, suo professore di teologia, che tra l’altro gli dice: “Tu hai poca salute, perciò non potrai fare il predicatore. Ti auguro però di essere un grande e assiduo confessore”. “Un augurio profetico – commenta l’autore del volumetto – che comincerà a realizzarsi in maniera portentosa di lì a pochi anni”.

Settembre 2010: le stigmate “invisibili”. A Piana Romana, a tre chilometri da Pietrelcina, una sera, probabilmente il 7 settembre, sotto un olmo ormai secco e oggi custodito dentro le mura della chiesetta dedicata nel 1958 a san Francesco d’Assisi, il frate riceve le “prime stimmate”, invisibili fino alla stigmatizzazione visibile e permanente del 20 settembre 1918, ma già accompagnate da intensa sofferenza, soprattutto in alcuni giorni della settimana. “Dal giovedì sera fino al sabato, come anche il martedì è una tragedia dolorosa per me – scrive padre Pio il 21 marzo 1912 a padre Agostino -. Il cuore, le mani ed i piedi sembrami che siano trapassati da una spada; tanto è il dolore che ne sento”. Sempre lo stesso anno, il 26 agosto, il frate scrive: “Me ne stavo in chiesa a farmene il rendimento di grazie per la messa quando, tutto ad un tratto mi sentii ferire il cuore da un dardo di fuoco sì vivo ed ardente, che credetti morirne… L’anima, vittima di queste consolazioni, diventa muta. Mi sembrava che una forza invisibile m’immergesse tutto quanto nel fuoco… Dio mio, che fuoco! Quale dolcezza!”. E ancora: “Di questi trasporti d’amore ne ho sentiti molti, e per diverso tempo sono rimasto come fuori di questo mondo. L’altre volte questo fuoco è stato però meno intenso; questa volta invece un istante, un secondo di più, l’anima mia si sarebbe separata dal corpo… se ne sarebbe andata con Gesù”.

Santità nella “mobilità”. Dopo un capitolo dedicato al “rapporto” dei papi con padre Pio – da Benedetto XV, che salito al soglio pontificio il 3 settembre 1914 fu il primo a occuparsene direttamente, a Benedetto XVI, “fermato” nella sua immagine in ginocchio e in preghiera accanto alla teca con le spoglie del Santo il 21 giugno 2009 – la postfazione, a firma di mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, si sofferma sul fenomeno della “mobilità”. Nel rammentare che il 10 agosto 1910 il padre Grazio e il fratello Michele non erano presenti all’ordinazione del religioso perché emigrati negli Stati Uniti come braccianti agricoli, mons. Perego sottolinea che “padre Pio, la sua vocazione itinerante, la storia del padre e del fratello”, sono “tasselli di una storia e vita sacerdotale che aiutano a costruire l’ipotesi di una santità nella mobilità” e ci aiutano “collocare nuovamente e originalmente la storia del sacerdozio cristiano”.

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