L’immagine e la maschera

Una ricerca su media e Chiesa in Europa

“Avere una scuola unica europea di formazione al giornalismo cattolico; realizzare un’emittente cattolica a livello europeo; creare una banca dati di programmi Tv e/o audio; una centrale di dati, notizie e dottrina”: sono alcune delle proposte emerse dall’indagine europea promossa dal Consiglio delle conferenze episcopali europee (Ccee) presso le Conferenze episcopali su “Chiesa e media”. A presentare il 1° ottobre i risultati della ricerca ai partecipanti alla plenaria del Ccee, in corso a Esztergom (Ungheria), è mons. Jean-Michel di Falco Léandri, vescovo di Gap e di Embrun, e presidente della Commissione episcopale europea per i media (Ceem). La responsabilità dei media. L’importanza di investire nei media era già stata sottolineata il giorno precedente dal presidente del Ccee, card. Peter Erdő, che nella prolusione ai lavori aveva affermato: “Una priorità della Chiesa” dovrà essere “quella di investire nella formazione per avere persone” con “capacità critica davanti ai media” e in grado di “contribuire a trasmettere in essi un’immagine di Chiesa autentica e non una sua maschera”. Di fronte alla “cristianofobia” emergente in Europa e nel mondo, aveva osservato il card. Erdő, e ad “altre forme cristianofobe più subdole” veicolate “dai mass media” attraverso “fenomeni di denigrazione”, disinformazione e “ricerca di sensazionalismo”, è urgente “una presa di responsabilità da parte dei mass media” che sempre più “influenzano atteggiamenti, giudizi e comportamenti nella nostra società”. Oltre a ciò, “in un contesto mediatico complesso e in veloce trasformazione”, ad avviso del card. Erdő, “è fondamentale la presenza di un laicato cattolico competente sul piano professionale”. Si tratta perciò di “pensare e proporre una formazione professionale che non sia solo tecnica ma abbia fondamenti umanistici, teologici ed ecclesiali”; un impegno educativo “che si rivolge alla coscienza perché anche nella realtà dei media sappia distinguere il bene dal male alla luce della fede cristiana e dei valori irrinunciabili”. In queste due direzioni, ha concluso il cardinale, “molte Conferenze episcopali stanno già lavorando, confermando così che la Chiesa anche nella complessità mediatica non si sottrae alla responsabilità d’indicare la strada della verità e di contribuire al risveglio della coscienza”.Una rete di cattolici competenti. Secondo mons. di Falco Léandri, dall’indagine “Chiesa e media” sono emerse, tra l’altro, anche la necessità di “creare una rete di cattolici che sappiano scrivere su tutte le questioni (ognuno secondo la propria specificità) e fare circolare i loro testi tradotti”; nonché di offrire supporto ai giornalisti “creando un vocabolario multilingue on line dei termini tecnici della Chiesa” e promuovendo “corsi di formazione in diverse lingue a livello europeo”. Importante inoltre la creazione di “una rete di operatori diocesani della comunicazione in Europa”. Nei media europei, ha affermato mons. di Falco Léandri, “non si può parlare di una vera e propria strategia diffamatoria contro la Chiesa”, ma è spesso presente “un attacco ai valori cristiani (famiglia, matrimonio, castità, difesa della vita dal suo concepimento alla morte naturale, educazione cattolica e possesso di scuole confessionali paritarie…)”, anche se, ha precisato, “la periodicità di notizie sulla Chiesa e di esperienze positive è maggiore rispetto a quelle negative”. Capacità di dialogo. Dall’indagine si evince che “lo spazio accordato alle attività della Chiesa e la qualità delle informazioni fornite dipendono molto dalla capacità di un dialogo diretto e personale con i giornalisti e dalla disponibilità di vescovi ed uffici stampa a rispondere ai loro interrogativi”. Quasi tutte le Conferenze episcopali, ha reso noto il presidente Ceem, “sono unanimi nell’affermare come sia necessario avere un atteggiamento positivo con i media, tentando di entrare in dialogo con loro e dimostrando grande disponibilità (dei vescovi, degli uffici stampa…) di fronte alle loro richieste” e “si è riscontrato un miglioramento nei rapporti laddove le Conferenze episcopali hanno investito molto sui media”. Questo, ha spiegato mons. di Falco Léandri, “è avvenuto soprattutto attraverso l’aumento delle occasioni di dialogo, di formazione degli operatori della comunicazione, attraverso l’incremento degli uffici diocesani di comunicazione sociale, l’ampia e continua diffusione di informazioni, l’aumento di laici cattolici che intervengono nel dibattito pubblico, la realizzazione di seminari per giornalisti o la realizzazione di vere e proprie scuole di giornalismo”. Per questo, ha sottolineato il presule, alcune Conferenze episcopali “hanno puntato sulla creazione e sullo sviluppo di propri mezzi di comunicazione sociale (quotidiano, televisione, radio, agenzie stampa…)”; “siti web e agenzie stampa cattoliche sembrano le più presenti ed efficaci”. In ogni caso “la possibilità di avere un proprio organo ufficiale di comunicazione sociale appare importante tanto per i giornalisti quanto per la gente comune, soprattutto per dirimere i casi di disinformazione”.Un annuario europeo dei responsabili della comunicazione. Mons. di Falco Léandri ha anche anticipato che è “in corso di elaborazione” un libretto contenente alcune informazioni relative “alle strutture e ai mezzi di comunicazione sociale a disposizione delle Conferenze episcopali”. Infatti, “il Segretariato Ccee intende realizzare il primo annuario dei responsabili della comunicazione della Chiesa cattolica in Europa comprensivo dei mezzi di comunicazione sociale di proprietà delle Conferenze episcopali, con l’idea di presentarlo in occasione della prossima Assemblea plenaria della Ceem”. Questo per quanto riguarda i mezzi di cui dispongono le Conferenze episcopali europee, ma l’informazione nazionale e laica quale tipo di notizia riguardante la Chiesa privilegia? “Generalmente – ha ricordato mons. di Falco Léandri – viene riservato molto spazio per i momenti forti della vita dei Pontefici (morte di Giovanni Paolo II, elezione di papa Benedetto XVI, o viaggio apostolico del Papa in un determinato paese)” o “della vita della Chiesa locale (elezione nuovo vescovo, inaugurazione Chiesa…)”.Il parere della Chiesa. Spazio viene dato anche “ai tempi importanti della vita liturgica (Natale e Pasqua), alla domenica (in numerosi paesi vi sono trasmissioni della santa messa domenicale o la presenza di un programma a carattere religioso)”. Inoltre, “i temi su cui volentieri si parla della Chiesa sono quelli legati alle attività caritative, educative, sanitarie o la presentazione di testimonianze di vita, di storie vissute di persone più o meno conosciute; o ancora attività pastorali particolari”. Non solo: “Generalmente – ha detto mons. Di Falco Léandri – si richiede il parere della Chiesa su temi sociali ed etici”. Comunque, “la presenza maggiore e a volte anche di migliore qualità si riscontra nei media locali piuttosto che in quelli nazionali”. A livello nazionale, a volte, “la Chiesa gestisce propri spazi televisivi o radiofonici che permettono”, in questo caso, “una presenza di maggiore qualità”. Interessante notare, ha sottolineato il presidente della Ceem, “come in Scozia, su alcuni temi, il parere del cardinale e della Chiesa è particolarmente sollecitato e ben accetto in quanto vi è una forma di riconoscimento del suo ruolo nella vita pubblica e nella società”. In effetti, “in molti casi la Chiesa è percepita ancora come una istituzione eminente per la promozione dell’uomo e la salvaguardia di valori di fronte alla cultura materialista e liberale”.La situazione attuale. Presentando i dati emersi dalle risposte fornite nella seconda parte del questionario proposto ai vescovi, mons. di Falco Léandri ha evidenziato che presso 19 Conferenze episcopali è attiva una Commissione episcopale per i media; 14 possiedono un ufficio nazionale per le comunicazioni sociali; 19 hanno un addetto stampa e 20 un portavoce. Per quanto riguarda gli strumenti delle Conferenze episcopali, “alla domanda se la Conferenza episcopale fosse proprietaria o sostenesse economicamente una televisione – ha spiegato -, 6 hanno risposto positivamente. Alla domanda se la Conferenza episcopale fosse proprietaria o sostenesse economicamente una radio, 11 hanno risposto positivamente. Alla domanda se la Conferenza episcopale fosse proprietaria o sostenesse economicamente un’agenzia stampa, 10 hanno risposto positivamente”. 7 Conferenze episcopali hanno dichiarato di essere proprietarie o di sostenere economicamente un quotidiano nazionale. Circa la presenza della Chiesa nei media “laici”: 12 Conferenze episcopali hanno dichiarato di gestire un programma religioso in una televisione nazionale; 11 hanno affermato di gestire un programma religioso in una radio nazionale ed è solo 1 Conferenza episcopale a gestire una rubrica religiosa nella stampa nazionale. “Questi dati – ha commentato il presidente Ceem – ci faranno certamente riflettere su come e quanto le nostre Chiese sono disposte ad investire nel campo della comunicazione”. “Il mondo dei media – ha concluso – è da considerarsi come un terreno di evangelizzazione” e “il successo con i media richiede tempo, competenza, conoscenza reciproca e stima e si basa innanzitutto su una buona comunicazione interna alla Chiesa stessa”.

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