Incontro alla “primavera”

Progetti scolastici per bambini dai 2 ai 3 anni

Sono state 185 le domande presentate all’Ufficio scolastico regionale della Sardegna per ottenere il finanziamento di progetti rivolti a bambini dai 2 ai 3 anni (Progetti Primavera), nell’anno scolastico 2007-2008, a partire dai circa 30 milioni di euro stanziati nella Finanziaria 2007. Per accedere ai fondi l’assessorato regionale alla Pubblica istruzione aveva stilato un calendario per il quale entro il 10 luglio i gestori (amministrazioni comunali, scuole dell’infanzia paritarie, soggetti gestori di nidi convenzionati con amministrazioni comunali, istituzioni scolastiche statali) dovevano presentare le domande all’Ufficio scolastico regionale e in copia al Comune competente per territorio, per il tramite dell’Ufficio scolastico provinciale del territorio deputato. Era richiesta la fattibilità del progetto dai primi mesi dell’anno scolastico 2007/2008 e il possesso delle condizioni logistiche, di personale, d’erogazione di servizi di supporto e un numero di bambini, con i requisiti dell’età di accesso usufruissero di altri servizi, sufficiente per dare avvio al progetto.Premiate 32 richieste. Secondo Rita Spiga, coordinatrice e referente regionale per le sezioni Primavera, “se da un lato i tempi burocratici erano stretti e hanno dato molti dubbi, dall’altro i lavori sono stati celeri e la selezione finale ha premiato 32 richieste, tutte rispondenti ai criteri di valutazione per la prima fascia d’intervento (la più disagiata)”. Ciò anche per il diretto coinvolgimento di Comuni del Sulcis Iglesiente, dell’Oristanese e della Gallura che hanno presentato progetti eccellenti “che potranno offrire un servizio immediato grazie alla valutazione rapida da parte delle commissioni ministeriali delle proposte che hanno tenuto conto della migliore progettualità in considerazione spesso della iniziativa presa direttamente dai sindaci di piccoli centri che si sono manifestati dotati di una grande capacità manageriale e di governement. A fronte di aree socialmente disagiate alcuni progetti hanno raggiunto una valutazione ottima”.Attenzione diversa. Per Maria Rosaria Puxeddu, presidente regionale dell’Associazione italiana maestri cattolici con i Progetti Primavera, c’è stato un concreto passo avanti verso le necessità dei bambini: “La normativa introdotta dal ministro Moratti inseriva nella scuola dell’infanzia i bambini di 2 anni, 2 anni e mezzo: ci si è trovati davanti a bambini molto piccoli, con i loro problemi. Le maestre della scuola dell’infanzia si sono lamentate. Probabilmente c’è bisogno di cercare una attenzione diversa verso il bambino così piccolo”. Su 185 domande ne sono state approvate solo 32, anche per i tempi brevi e la complessità del procedimento: “Ci sono dei passaggi burocratici spaventosi – commenta Puxeddu – ufficio scolastico provinciale, regionale, ministero, comuni, tutti coinvolti nel procedimento, ma con quali tempi? L’accordo è stato siglato a metà giugno, i termini sono scaduti il 10 luglio”.Grande città o piccolo paese. “Entriamo in una specificità tutta sarda – osserva Emanuele Usala, della pastorale familiare dell’arcidiocesi di Cagliari – in cui, con un tasso di natalità tra i più bassi d’Italia, la sussidiarietà parentale viene ampiamente praticata. La famiglia diviene uno strumento efficace per favorire la scelta di una crescita naturale del bambino, al contempo tamponando le gravi carenze della struttura scolastica e di assistenza all’infanzia. Si deve cercare un’offerta che non sia solo quella attuale, standardizzata, che pone il bambino nella necessità di adattarsi agli orari degli uffici. A Cagliari, ad esempio, è stato aperto un solo asilo nido comunale ad agosto, con un massimo di 30 bambini”. Uno dei problemi della Sardegna, nella gestione dei bisogni sociali delle famiglie è la grande differenza che c’è tra la vita nelle città e quella nei piccoli centri, considerando che la maggior parte dei 377 Comuni della Sardegna ha meno di 5mila abitanti: “Si deve andare incontro al bisogno reale della famiglia – conferma Usala – che in Sardegna si confronta con una grande disoccupazione femminile, distanze territoriali ridotte e famiglie allargate nei piccoli centri. Si sviluppa un bisogno sociale inferiore rispetto a quei centri più grandi, le città come Cagliari o Sassari dove realmente la necessità di nidi, scuole, centri di assistenza all’infanzia è fortissima”. Perciò, “la realtà sarda apre due strade diverse a seconda che si parli di città o piccoli centri: nel primo caso con l’offerta classica, aperta alle scuole pubbliche e private; nel secondo con consorzi tra comuni o forme di micronidi domiciliari, quindi un investimento che parta dalle necessità della famiglia e ritorni ad essa con l’aiuto delle istituzioni: se lo stesso investimento viene integrato dal finanziamento pubblico, si può raggiungere facilmente un’offerta sociale soddisfacente”.a cura di Massimo Lavena(07 settembre 2007)

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