(da New York) “L’approccio di Papa Francesco alla riduzione della fame non si basa sul semplice sentimento o su una vaga empatia. Piuttosto, è un appello alla giustizia”. Così si è espresso mons. Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, illustrando la politica di Bergoglio su quello che la dottrina sociale della Chiesa ha definito “diritto al cibo che assieme alla riduzione della fame e ad un’alimentazione sana e adeguata, dovrebbero rientrare tra i fondamentali diritti umani, poiché parte integrante del diritto alla vita”. Niente emergenze e niente appelli in risposta alle ricorrenti crisi alimentari, ma un dialogo a più livelli sul piano della politica, dell’economia, dei consumi, delle povertà è la proposta che mons. Gallagher prospetta ai partecipanti alla Conferenza sulla riduzione della fame, organizzata dal Programma di Economia politica e sviluppo internazionale (Iped) e dalla Fondazione Centesimus annus Pro Pontifice alla Fordham University di New York. Questa conferenza biennale riunisce esperti e autorità accademiche internazionali, cattoliche e non, che si interrogano sulle questioni relative alla povertà e allo sviluppo attraverso gli insegnamenti della Dottrina sociale della Chiesa. Nel suo intervento, Gallagher, ha sottolineato che “nonostante tutti i progressi tecnologici, il godimento del diritto al cibo rimane lontano dai bisogni di milioni di persone” e ha voluto ricordare che la riduzione di fame e povertà è stata inserita come obiettivo numero due nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. “Per coloro che affrontano questioni relative alla riduzione della fame a livello internazionale, l’analisi proposta dal Magistero di Papa Francesco può essere uno strumento efficace per identificare le sfide legate alla sicurezza alimentare e all’eliminazione della fame”, ha continuato il segretario per i Rapporti con gli Stati, invitando ad applicare queste proposte alla realtà quotidiana dei popoli e comunità, una realtà fatta di cambiamenti climatici, fonti di energia pulita, migrazione, commercio e cultura dei rifiuti.
“Quest’ultima sfida è profondamente connessa con altre due gravi questioni vale a dire lo spreco alimentare e il consumo eccessivo”, ha ribadito Gallagher. Il Papa è consapevole che la riduzione della fame per molti equivale a ridurre le bocche da sfamare, “ma è una soluzione falsa se consideriamo i livelli di spreco alimentare e le risorse sprecate dagli attuali modelli di consumo. Ridurre è facile; la condivisione richiede invece la conversione, e questo è impegnativo”. I passaggi del discorso che Francesco tenne alla Fao nell’ottobre del 2017 risuonano di attualità al tavolo dei relatori. Nessuna semplificazione e nessun semplicismo nella prospettiva bergogliana, dove al centro è sempre posta “l’inviolabile dignità della persona umana”, ma piuttosto un invito a cittadini ed istituzioni ad esercitare “il principio di umanità”. Gallagher spiega che è il termine usato dal linguaggio diplomatico per esprire il dovere cristiano di amare il prossimo e continua la sua prolusione riprendendo il discorso alla Fao dove il Papa esortava diplomazia e istituzioni multilaterali affinché “alimentino e organizzino questa capacità di amare” traducendo il principio di umanità “in una linea concreta di azione che significa pensare a nuovi modelli di sviluppo e consumo e adottare politiche che non aggravino la situazione delle popolazioni meno avanzate”. L’inviato vaticano ha concluso auspicando soluzioni per la sconfitta della fame che maturino da una nuova relazione tra i vari attori sulla scena internazionale, guidata dai principi di responsabilità reciproca, solidarietà e comunione.